Modello 231: applicazione anche per gli ETS

Con il decreto legislativo 231/2001 il legislatore disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato.
Le disposizioni in esso contenute si applicano agli enti con personalità giuridica e alle società, nonché alle associazioni anche prive di personalità giuridica.

Il CSV Basilicata si è già occupato del tema, il 19 gennaio scorso, con un seminario sul modello organizzativo di gestione 231/01, per evidenziare l’impatto di tale normativa su ODV, APS e Centri di Servizio, oltre che per attivare una maggiore consapevolezza sull’implementazione dei modelli organizzativi.

Si tratta di un argomento delicato ma fondamentale per poter al meglio garantire un’organizzazione e una gestione dell’ente in grado di contenere il rischio di commissione di reati.

Sono esclusi dal campo di applicazione lo Stato, gli enti pubblici territoriali e gli altri enti pubblici non economici, nonché gli enti che svolgono una funzione rilevante.

L’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente (art. 5, comma 1, d.lgs. 231/01).
Ma se prova che l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi, l’ente non risponde (art. 6, comma 1, d.lgs. 231/01).
Il modello organizzativo può essere adottato ex ante per prevenire la commissione del reato, oppure ex post dopo la realizzazione del fatto illecito in ottica di prevenire in futuro reati della stessa specie.

Il Codice del Terzo Settore (d.lgs. n. 117/2017) recepisce la normativa vigente al momento della sua entrata in vigore sulla responsabilità amministrativa degli enti, già in vigore dal 2001, e all’art. 31, comma 6, del CTS, ha espressamente stabilito a carico dell’organo di controllo la funzione di vigilare sulla osservanza delle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 231/2001, qualora applicabili, nonché sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile e sul suo concreto funzionamento.
Il legislatore non ha dubbi riguardo l’opportunità e l’applicabilità del modello organizzativo di gestione agli enti del terzo settore, ancorché la previsione del modello rimanga una mera facoltà e non un obbligo.

Eppure, la sua adozione all’interno dell’organizzazione conferirebbe all’ente una maggiore virtuosità non solo in un’ottica di mera prevenzione del rischio ma, altresì, in un’ottica di maggiore competitività anche dinanzi alle amministrazioni pubbliche.
E’ utile ricordare che la sentenza o il decreto di condanna disposti nei confronti dell’operatore economico ai sensi e nei termini di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, costituiscono cause di esclusione automatica dalla partecipazione alla procedura di appalto secondo quanto stabilito dall’art. 94 del D.Lgs. 36/2023 (c.d. codice sui contratti e appalti pubblici).

Per ulteriori informazioni, è comunque possibile rivolgersi all’area consulenza del CSV di Basilicata ai numeri 0971 274477 – 0835 346167.

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